8 Marzo 2022 at 18:05 · C.H.I.A. Srl
L’importanza di raccontare i ricordi.
Quanto sono importanti per gli anziani con demenza i “vecchi” ricordi? E quanto lo è per chi li ascolta?
Nella comunità scientifica si discute spesso de l’importanza dei ricordi per gli anziani – compresi quelli con demenza -, rimembrare, raccontare vecchi ricordi ed esperienze. E se, allo stesso modo, può essere importate per chi li ascolta.
Con l’avanzare dell’età, i vecchi ricordi diventano più importanti, specialmente con i decenni che passano tra la tarda mezza età e la vecchiaia.
Quando gli ultra 90enni ricordano eventi passati, specialmente i più importanti, quelli accaduti nei primi 20 anni di vita, superano di gran lunga gli ultimi 20 anni appena passati. E’ come se nelle nostre menti i ricordi dei primi anni venissero immagazzinati sempre più in profondità nei circuiti cerebrali.
E’ chiaro a chiunque parli frequentemente con persone anziane che molti di loro si dilettano a ricordare (ricordare e ricordare…) esperienze delle loro vite passate. Dai tempi della Retorica di Aristotele, ci si è reso conto che ricordare non è dannoso, ma utile. E con l’avanzare dell’età le persone pensano molto meno al proprio futuro e di più al passato. Quest’attitudine non è malsana, ma una caratteristica dell’invecchiamento. Alle persone anziane, e soprattutto a quelle con demenza, non dovrebbe essere negato questo piacere.
La caratteristica dell’età senile a raccontare più volte gli stessi ricordi, mette in difficoltà le persone più giovani che trovano noioso ascoltare le stesse storie. Pensate che sfida per chi lo fa per professione ( OSS, Terapisti, Educatori Professionali, ecc.) come noi nelle strutture socio-sanitarie per gli anziani non autosufficienti. Ma è importante sapere che con il tempo la nostra memoria si sviluppa in ciò che Douwe Draaisma chiama “la fabbrica della nostalgia”. Questa è fonte di piacere quando si raggiunge una certa età.
La Terapia della “reminiscenza”.
L’osservazione della caratteristica tipica della vecchiaia a trovare piacere nel raccontare eventi passati da molto tempo, ha fatto sì che si studiassero programmi adatti per replicare il piacere del ricordo. Stiamo parlando della Terapia della Reminiscenza per le persone affette da demenza.
Una terapia, ovviamente, non farmacologica che può alleviare il dolore nella persona affetta da demenza.
Certamente non possiamo sostenere che i “programmi” di terapia della reminiscenza nell’assistenza quotidiana siano supportati da prove evidenti e scientifiche in grado di dimostrare i benefici delle terapie non farmacologiche. Ma, allo stesso tempo, crediamo che mentre siamo in compagnia con persone anziane, comprese persone con demenza da lieve a moderata, impegnarsi nella reminiscenza è piacevole e utile.
L’importanza di ascoltare i ricordi.
Le persone che ricordano si rallegrano con un ascoltatore che apprezza i loro ricordi ed è interessato alle loro storie. E a sua volta, è significativo che le famiglie imparino il più possibile dai loro genitori e parenti anziani sul passato della loro famiglia, specialmente in un momento in cui siamo e viviamo in una “società liquida”.
Quando le persone anziane ricordano e raccontano alleviano il peso e i dolori della vecchiaie , nel caso, della demenza. Mentre chi ascolta si arricchisce di esperienza, di storie e cultura. Si tratta di un vero vantaggio reciproco.
Naturalmente è essenziale ai fini della Terapia della Reminiscenza, un ascolto attivo e partecipativo: sforzarsi di mantenere queste reminiscenze il più accurate possibile, evitando storie “esagerate” e reindirizzando rispettosamente le conversazioni quando una storia diventa troppo fantasiosa; evitare che i ricordi diventino prepotenti e troppo lunghi. Il piacere di rievocare può sopraffare il buon senso se non è gestito.
Conclusioni.
Molte persone negli ultimi stadi del morbo di Alzheimer che solitamente sono totalmente confuse, dal nulla ricordano con grande dettaglio momenti importanti e si divertono a condividerli con un bambino, un parente stretto, un amico o un tutore. Molti ci raccontano che, in quei momenti, era come se il padre o la madre fossero tornati alla normalità, e chiedono perché non possono essere così tutto il tempo. Purtroppo non è possibile, ma c’è qualcosa di indelebile, presumibilmente nei centri della memoria che coinvolgono l’ippocampo, che rimane con noi per la maggior parte della nostra vita. Dovremmo sforzarci di fare tesoro della capacità miracolosa del cervello di aggrapparsi al passato.
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