LA MARIJUANA PUO’ CURARE IL MORBO DI ALZHEIMER?

29 Gennaio 2019 at 15:37 ·

LA MARIJUANA PUO’ CURARE IL MORBO DI ALZHEIMER?

Non è stato mai così facile far uso di marijuana quanto negli ultimi tempi: il Canada, ad esempio, ne ha appena legalizzato l’uso per scopi ricreativi , unendosi ad altri nove stati negli USA. Altri 21 stati hanno legalizzato la marijuana ad uso medico.

Può la marijuana curare l’Alzheimer?

La risposta ci viene fornita dal Dr. Nathan Herrmann, direttore del reparto di geriatria psichiatrica al Sunnybrook Health Sciences Centre in Canada e uno dei pochi ricercatori che studia l’impatto che hanno i cannabinoidi sulle manifestazioni aggressive e ansiose dei pazienti malati di Alzheimer e, a proposito chi si cura di loro dovrebbe considerare questa alternativa.

Quando Herrmann e la sua equipe ha esaminato per la prima volta gli studi sui cannabinoidi e la malattia di Alzheimer, constatarono che solo 150 pazienti con l’Alzeimer furono inclusi nelle sperimentazioni cliniche. Molti di questi studi non riuscirono a dimostrare che i cannabinoidi potessero avere benefici sui pazienti affetti da Alzheimer e ridurre l’agitazione e l’aggressività.

Le limitate ricerche e studi a riguardo, spinsero Hermann and Dott. Krista Lanctot a verificare se il “nabilone”, un cannabinoide sintetico, potrebbe essere usato per trattare clinicamente l’agitazione nei pazienti Alzheimer. Quindi, presentarono i loro risultati alla Conferenza internazionale della Malattia di Alzheimer.

L’ equipe accerta che il nabilone comparato con qualsiasi altro placebo, ha più effetto nella riduzione degli stati aggressivi e ansiosi tipici dei malati di Alzheimer
Hermann enfatizza specifica che i loro che i loro risultati non dovrebbero essere visti come la prova che la marijuana medica è miracolosa o un metodo certo per la cura della malattia di Alzheimer dato che il nabilone e la marijuana non sono la stessa cosa.
Nel futuro Herrmann spera di condurre uno studio su larga scala per avere una miglior prova se il nabilone può essere usato o meno nella cura delle manifestazioni aggressive e ansiose dell’Alzheimer.

Intervistato da una rivista medica il Dott. Herrmann risponde in merito ai suoi studi e se c’è qualche beneficio sulla parte cognitiva della persona che fa uso di cannabinoidi.

Qui sotto l’intervista al dottore.

Che cosa i ricercatori sanno sugli effetti dei cannobinoidi sul trattamento dell’agressività e dell’ansia nelle persone malate di Alzheimer? Cosa gli studiosi sperano di scoprire?

Ci sono pochi studi che hanno esaminato gli effetti dei cannabinoidi nella cura dell’ Alzheimer e quei pochi sono stati condotti su un numero piuttosto piccolo di pazienti. Comunque, basati su alcuni studi preliminari di altri segmenti, tipo giovani schizofrenici o con bipolarismo, alti studi su animali, c’è almeno una ragione per teorizzare che questi farmaci avrebbero effetti positivi. Perciò, è necessario fare molto di più, sperimentare su un numero piuttosto considerevole di persone affette da Alzheimer per determinare gli effetti positivi e quelli collaterali. Abbiamo bisogno di fare un’ottima analisi su quanto i cannabinoidi siano effettivamente efficaci nei trattamenti, quale tipi di disturbi comportamentali posso alleviare, quali dosaggi usare e quali tipi di cannabinoidi sono i migliori per la cura Alzheimer. Se tali farmaci sono veramente sicuri è, poi, un’altra questione chiave che deve essere affrontata da una migliore ricerca sul campo.

Perché avete deciso di sperimentare i cannabinoidi sintetici?

I cannabinoidi sono prodotti dalle case farmaceutiche, la oro composizione è completamente standardizzate e il farmaco per essere usato in clinica deve essere approvato dall’Autorità per constatare l’efficacia e la sicurezza. Questo metodo è in completa contraddizione con la marijuana medica. Il Nabilone è stato scelto specificamente perché è già disponibile da molti anni nel trattamento post-chemioterapia la quale induce nausea e vomito, quindi la sicurezza del farmaco è fuori discussione. E’, invece, con la marijuana medica che si hanno infiniti problemi con la uniformazione dei principi attivi e a diffusione del farmaco nel flusso sanguigno.

C’è stata mai uno studio fatto sull’olio di cannabinoidi e i suoi effetti sui malati di Alzheimer?

Io, personalmente, non raccomando l’uso dell’olio a base di CBD perché induce effetti collaterali gravi e per la mancanza di ricerche scientifiche su di esso. Controllando i registro pubblico del farmaco sia americano che europeo, posso assicurare che non ci sono al momento documenti che associno l’olio CBD alla cura dei pazienti con Alzheimer. Su quattro studi ufficiali che riguardano la malattia di Alzheimer, su alcuni di loro si sono usati composti che includono THC e CBD, entrambi, ma in nessuno studio è stato utilizzato solo l’olio CBD dissociato.

Ci può dire di più sui componenti chimici della cannabis e come influenzano il comportamento?

I più importanti principi attivi della cannabis (o marijuana) sono il #THC e il #CBD (cannabinoide): Il THC è più conosciuto per i suoi effetti intossicanti, questo perché è usato per scopi “ricreazionali”. Il CBD ha alcuni lievi effetti ansiolitici, ma inoltre si figura come un anti-infiammatorio, aiuta a sopportare il dolore e migliora la nausea. Questi principi attivi potrebbero venire in aiuto ad alcuni aspetti della Malattia di Alzheimer, ma potrebbero anche usare dei preoccupanti effetti collaterali inclusi la sedazione, peggioramento della memoria e di altre attività cognitive, e spesso sintomi psicotici.Gli effettii del Nabilone, invece, differiscono da entrambi i composti THC e CNB.

Qual’è il futuro della ricerca sui cannabinoidi usati sui malati di Alzheimer? Che cosa i ricercatori sperano di imparare e scoprire?

Sulla base dei nostri studi, ci risulta conveniente ripetere uno studio sul Nabilone usando un maggior numero di paziente e un tempo di somministrazione più lungo. Anche un altro cannabinoide sintetico, il dronabinol, dovrebbe essere studiato. Data la preoccupazione espressa per la preparazione e uniformazione e la somministrazione della marijuana medica, non sono convinto che i cannabinoidi debbano essere raccomandati dai medici. Noi possiamo solo, oltremodo, affermare che questi tipi di farmaci sono adatti a ridurre il dolore e migliorare l’appetito nei pazienti con Alzheimer. Infine, gli effetti anti-infiammatori potrebbero anche avere effetti tali da modificare in meglio il decorso della malattia.

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CORRERE AIUTA E PROTEGGE LA NOSTRA MEMORIA

29 Gennaio 2019 at 15:37 ·

CORRERE AIUTA E PROTEGGE LA NOSTRA MEMORIA

  La frase “allena la tua memoria” acquisisce un nuovo significato alla luce di una nuova ricerca scientifica che dimostra che la semplice “corsa” aiuta a migliorare sia la memoria che la salute mentale. Gli scienziati del Brigham Young University l’esercizio fisico diminuiscono gli effetti che lo stress ha sull’ippocampo, un area cardine collegata alla memoria e a all’apprendimento.   Lo stress – soprattutto quando diventa cronico e attiva il sistema endocrino per rilasciare corticosteroidi – indebolisce, nel tempo, le connessioni tra i neuroni dell’ippocampo e, addirittura, può bloccare del tutto la creazione di nuovi neuroni. Lo stress cronico, come è stato dimostrato, accelera il declino del cervello nelle persone affette da un lieve deterioramento cognitivo ed è considerato un fattore di rischio che causa la Malattia di Alzheimer.   L’esperimento condotto per validare gli studi consiste nel dividere topi da laboratorio in quattro gruppi: un gruppo che usava la ruota per correre ed erano esposti a eventi stressanti, come nuotare nell’acqua fredda o camminare su binari posti ad altezze elevate; un gruppo che usava la ruota per correre e non erano esposti ad alcun tipo di stress; e due gruppi, per così dire, sedentari e cioè non avevano la ruota per correre, uno di questi era esposto a esperienze stressanti, l’altro no. I ricercatori poi misurarono la forza e la stabilità delle connessioni e delle sinapsi tra i neuroni.   I test elettro-fisiologici dimostrarono che i topini esposti a stress che usavano la ruota e che , quindi, praticavano esercizio fisico presentavano una connessione molto più forte di quelli che non usavano la ruota. Poi, messi in un labirinto per testare la memoria, i topini stressati che facevano attività fisica ( correvano nella ruota) hanno  avuto un performance uguale a quella dei topini non stressati che correvano nella ruota. Mentre paragonando i risultati di tutti i topi che correvano contro tutti quelli sedentari si è visto che quelli che hanno usato la ruota hanno fatto meno errori nel labirinto della memoria. Ciò, insomma, per provare che l’esercizio fisico come la corsa di sicuro annulla gli effetti dannosi che lo stress procura al cervello e alla memoria.   “L’attività fisica è un modo semplice ed economico per eliminare l’impatto negativo dello stress sulla nostra memoria”, dice il direttore dello studio scientifico Jeff Edwards, professore associato di fisiologia e biologia dello sviluppo mentale alla Brigham Young University .   Lo studio ci indica i passi che possiamo compiere per limitare l’impatto dello stress sulla salute generale del cervello, anche se non possiamo rimuovere completamente lo stress dalle nostre vite.   “La situazione ideale per migliorare l’apprendimento e la memoria sarebbe vivere senza stress e praticare esercizio fisico”. afferma J. Edwards. “Certamente non possiamo controllare le varie situazioni di stress della nostra vita quotidiana, ma possiamo trovare tempo da dedicare all’esercizio fisico. Sta di fatto che ora sappiamo che possiamo combattere gli effetti negativi dello stress sul nostro cervello andando fuori e cominciando a correre”.     Lo studio condotto dai ricercatori è pubblicato sulla rivista Neurobiology of Learning an Memory.

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TRATTARE L’AGGRESSIVITA’ DELL’ALZHEIMER SENZA FARMACI

29 Gennaio 2019 at 15:37 ·

TRATTARE L’AGGRESSIVITA’ DELL’ALZHEIMER SENZA FARMACI

L’attività creativa è più utile sia per i malati di Alzheimer che per i loro caregivers

La demenza non ha cura. Nessun trattamento farmacologico è efficace. Quando è diagnosticata è facile arrendersi e prospettarsi  un futuro desolante. Non è solo una malattia devastante per il paziente, ma colpisce anche coloro che si prendono cura: i caregivers.

A volte i pazienti con demenza  diventano una persona totalmente diversa da quella che si conosce o si è sempre conosciuta. E non mancano gli scoppi di ira e i comportamenti aggressivi. Ecco perché i ricercatori  sperimentano cure e trattamenti non farmacologici che possono aiutare a gestire i sintomi dell’Alzheimer.

Tra questi ricercatori c’è chi ha provato un approccio soprannominato Programma di Attività su Misura ( PAM ), che abbina le attività agli interessi della persona con demenza.

I medici ricercatori hanno incluso nel programma dei loro studi circa 160 pazienti affetti da demenza con un età media di 80 anni. Hanno osservato anche i caregivers dei pazienti con un’età compresa tra i 50 e i 72 anni.

Programma di Attività su Misura

Lo studio consiste  nell’invio dei  terapisti occupazionali nelle case dei Malati di Alzheimer per valutare, innanzitutto, l’ambiente e quindi i rischi associati all’ambiente di casa quali il rischio di cadute; cercare quali cose potrebbero aumentare il disagio delle persone affette da demenza come: l’illuminazione, posti a sedere, disordine e rumori. Sulla base di tali visite, è stata fornita per ogni paziente una valutazione del rischio e delle “prescrizioni relative all’attività” che includevano sia attività creative (come la creazione artistiche). Sia attività incentrate sull’abilità quotidiane come il vestirsi, lavarsi, ordinare casa, etc.

Quattro mesi dopo l’avvio del PAM quasi il 70% dei pazienti sottoposti a terapie occupazionali ha eliminato e/o ridotto i problemi comportamentali, quali l’aggressività, correlati alla demenza.

Al contrario nel gruppo di controllo che non ha partecipato al programma di attività occupazionali solo il 46% ha ridotto o eliminato i problemi comportamentali. I caregivers dei pazienti sottoposti al PAM hanno rilevato meno stress durante la presa in carico del paziente. Dato che il familiare malato ha avuto un comportamento più collaborativo del solito.

Conclusioni

I ricercatori hanno concluso che l’intervento del trattamento non farmacologico per l’alzheimer ha avuto “effetti immediati e positivi”. – Scrivono i ricercatori: “Poiché l’attività creativa riduce i problemi comportamentali, rallenta la dipendenza funzionale e allevia il dolore e il disagio del caregiver, è un’opzione di trattamento valida per le famiglie.”

Particolarmente utile per le famiglie la cui persona cara sta vivendo intense problematiche comportamentali, in mancanza di trattamenti farmacologici efficaci per la demenza. I farmaci che vengono utilizzati di solito sono off-label e cioè “presentano rischi, tra cui ictus e mortalità, che spesso superano i loro modesti benefici” – affermano i ricercatori.

Questo studio è stato pubblicato sull’ America Journal Geriatrics Society

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MA COS’E’ L’ ALZHEIMER?

6 Dicembre 2016 at 09:21 ·

MA COS’E’ L’ ALZHEIMER?

Non è solo una malattia che non guarisce. E’ un mondo vero e proprio fatto di cure, farmaci, diagnosi, terapie, strutture sanitarie, angoscia, rabbia, deliri, speranza, affetto, amore. E’ un mondo fatto di persone che curano e curate.

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